Nel nome del progresso!
Alla fine di ottobre 2011 è stata l’ultima volta che sono andata in Sicilia. Ho viaggiato in aereo con molti disagi, perché per lavoro sono passata da Roma e c’era la città paralizzata per piogge abbondanti, gli aerei sono partiti in ritardo e sono atterrata a Catania di notte. Il clima era ancora buono e percorrendo la piana di Catania, il paesaggio era profumato dagli alberi già con gli agrumi. Avevo cenato in aeroporto, un arancino di riso e una spremuta d’arancia. Avevo chiesto distrattamente una coca cola, ma il barista mi aveva fatto notare che mi trovavo in una catena di bar siciliani, quindi potevo ordinare solo prodotti locali, nella fattispecie o spremuta d’arancia fresca o, se proprio avessi voluto, in alternativa alla bevanda americana potevano servirmi chinotto siciliano.
Man mano che mi avvicinavo a Gela la gola mi si stringeva…non era l’emozione del ritorno a casa ma bensì il terribile inquinamento. Mercurio, arsenico,benzene, piombo zolfo, cloruro di polivinile? Chissà quest’odore quale agente inquinante è? Mi chiedevo.
Ho lasciato Gela il mio paese nel 1965 (non per emigrare ma come turista come Massimo Troisi nel suo film “Ricomincio da tre”) mio padre voleva farmi vedere le Alpi e la neve e per questo ci portò a Torino.
Papà un lavoro ce l’aveva al Petrolchimico di Gela, guadagnava molto bene e i primi anni della mia vita si sono svolti secondo il piano di sviluppo economico che aveva sognato per noi Enrico Mattei fondando l’Ente Nazionale Idrocarbuti e facendo costruire a Gela quel grande complesso industriale. Quel miraggio fece abbandonare a molti la campagna per il “posto fisso” e a mio padre preferire l’attività di tecnico elettronico a quella artigianale di mia nonna iniziata 60 anni prima. Enrico Mattei morì subito dopo essere stato a Gela in un incidente aereo, causato non si sa ancora da chi, ma è quasi certo che ad ucciderlo sia stato qualche losco interesse mafioso.
Eravamo in pieno boom economico, avevo le scarpette di vernice e vestitini costosi da bambolina, cappottini inglesi. Vivevo in un appartamento con un terrazzo sul mare talmente grande da poterci andare in bici e sulla tavola non mancava mai la “fettina” di carne di vitello che costava meno di duemilalire al kilo (1 euro) e la sera mi portavano in un enorme night, una specie di palafitta sul mare fatta in cemento e con il tetto in Ethernit il famoso“Lido la Conchiglia”, di giorno stabilimento balneare, di sera ristorante di lusso con musica dal vivo, ci venivano a cantare anche cantanti alla moda come Celentano, Mina e Morandi, ma i proprietari, i fratelli Ventura, a volte lasciavano esibire anche me o dormire sui divani della discoteca, mentre i miei genitori si attardavano con gli amici.
I miei avevano una lambretta ultimo modello, omologata per 2 ma usata per 3 e senza casco, fumavano sigarette di continuo (del resto allora lo facevano in molti), mi facevano sempre mangiare carne e bere coca cola, divertendosi poiché secondo loro sapevo leggere i cartelloni pubblicitari, avevo una grande radio e il televisore in bianco e nero con le valvole, che guardavo insieme ai vicini perché non tutti allora avevano la tv.
Mio padre era orgoglioso di quello sviluppo industriale del suo paese, ma forse quando ha iniziato a vedermi le mani o il costumino macchiato di catrame se facevo il bagno a mare, iniziava a capire che il prezzo da pagare per quel benessere era troppo alto. Inoltre il beneficio di prosperità per la città, durò molto poco, una volta costruito l’ecomostro e le palazzine per i dirigenti venuti da fuori, il gruppo licenziò tutta la manovalanza locale (braccia rubate all’agricoltura o alla pesca) che rimase senza terre da coltivare avendo ceduto per pochi denari le terre migliori al colosso industriale o a una selvaggia urbanizzazione.
Per questo motivo, o perché mentre eravamo in vacanza a Torino gli offrirono un lavoro con delle condizioni economiche ancor più vantaggiose, mio padre decise che sarebbe stato meglio per noi vivere sotto le Alpi, ma non in città, in periferia in mezzo al verde, lontano dal fumo delle industrie.
Difatti passai la mia infanzia tra Collegno e Grugliasco, quando il progresso ancora li non era arrivato. Al fondo di Viale Gramsci c’era una stalla con le mucche che all’inizio dell’estate venivano portate dai pastori a piedi negli alpeggi in Valsusa passando per tutto il paese e attraversando finanche il Corso Francia, ma gli automobilisti si arrabbiarono di più qualche anno dopo per le domeniche di austerity in cui non si poteva usare l’auto…ma io ero contenta perché potevo andare in pattini a rotelle (quelli allungabili usabili con le scarpe) e cantavo Obladì Obladà o Yellow Submarine a squarciagola di nascosto a mio padre che non voleva perché i Beatles erano capelloni e i capelloni tutti figli dei fiori e contro la civiltà e progresso!
Mia madre non voleva che facessi sport, perché temeva che mi ammalassi se sudavo, quindi non dovevo sudare e voleva a tutti i costi somministrarmi antibiotici preventivamente, cambiava medico se non scriveva ricette di antibiotici o ricostituenti, riteneva anche quello un beneficio del progresso…poter esigere antibiotici in quantità! Per fortuna risultai allergica e trovai un medico che le consigliò d’iscrivermi ad un corso di ginnastica,lei accettò ma pretese in cambio dal medico…una cura di ricostituenti almeno! Era fatta così, le piaceva la chimica…così giù di olio di fegato di merluzzo!
A Gela ci andavamo solo d’estate…ci andai l’ultima volta dopo l’esame di maturità, poi conquistata l’indipendenza non tornai più in Sicilia per 20 anni, anche perché allora la Sicilia per me era solo quell’agglomerato industriale maleodorante e le case dei parenti, mio padre visitava i luoghi solo se di passaggio e senza scendere dall’auto!
Una volta in pensione ha deciso che vuole vivere li, morire li…il clima della città lo aiuterà in questo suo desiderio Si è riscontrato che Gela si registra un tasso di mortalità maschile per i tumori allo stomaco, superiore del 57% rispetto alla media italiana, mentre il tasso di mortalità femminile per i tumori al colon retto supera del 74% la media nazionale. Valori notevolmente più alti rispetto alla media nazionale si individuano anche per altre patologie quali cirrosi epatica e malattie cardiovascolari.
Ma è nelle malformazioni dei neonati che si aprono gli scenari più inquietanti. Su 13.060 nati vivi, 520 bambini ovvero il 4% rivelano malformazioni tra cui l’ipospadia, l’insufficiente sviluppo dell’uretra, ha una incidenza particolarmente alta. Nascono poi bambini con sei dita ai piedi o alle mani, bimbi con un orecchio solo o senza palato, idrocefali con teche craniche abnormi. E dato che non è stato possibile verificare le malformazioni di bambini nati morti o abortiti per gravi malformazioni riscontrate, si suppone che la percentuale di malattie genetiche dovute all’inquinamento sia parecchio superiore.
Io a Gela vado solo 1 o 2 volte l’anno per visitare i miei e solo per pochi giorni, facendo una cura preventiva e non di antibiotici, mi auto-prescrivo la mia dose d’ossigeno, andando prima e dopo sulle Alpi.
Ogni volta che ci vado mi piacerebbe avere una macchina del tempo per tornare indietro di un paio d’anni rispetto alla realizzazione dell’opera per avvisare chi ha creduto in quel folle progetto, che li stavano ingannando e vorrei io pensare ad un piano di sviluppo meno devastante per la piana di Gela e per la sua spiaggia dorata ora inutilizzabile.
Nel nome del progresso!
1scenario…
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